La Storia

La Storia

Brevi cenni sulla nostra storia.
In prossimità di S.Cosimato una strada, che ricalca un’antica direttrice, risale il corso serpeggiante del Licenza tra un’interminabile serie di monti; la via chiamata Licinese, dal nome del fiume che costeggia, collega oggi la via Tiburtina Valeria con la Salaria dopo aver raggiunto Roccagiovine, la Villa di Orazio, Licenza, Percile, Orvinio, Pozzaglia, fino ai monti Sabini.
Lungo questo tortuoso collegamento, che unisce il bacino dell’Aniene con la Sabina, s’inserisce il territorio di Percile la cui storia è legata ad entrambi i versanti. Le sue origini sono remote ma i documenti, tardi rispetto ai reperti archeologici, hanno fatto fiorire svariate leggende sulla storia di questo paese.Alcuni storici fanno derivare il nome dalla famiglia romana Porcia. Del periodo romano Percile conserva infatti consistenti testimonianze; un ceppo sepolcrale dedicato ad una fanciulla di circa sette anni ricorda vari personaggi della zona: D.M. Manliae P.P. – Maximae – Vixit ann. VI Mena X Dies XVIII – P. Manlius Stapillus et Herennia C.F. – Parentes Infelicissimi – Filiae Piissìmae Et – C ‘. Herennio Dophino Et Sibi. Il Sebastiani, oltre questo reperto, riferisce anche sul ritrovamento di un pregevole sarcofago di terracotta. Nella carta dell’anno 1739, eseguita da Diego Revillas – Diocesis et agri tiburtini – è riportata una villa romana tra Civitella e Percile, i cui ruderi erano ben evidenziati fino a tempi recenti. In prossimità della fonte degli Aliucci è stato rinvenuto un tratto di pavimentazione in mattoni che attesta l’uso di quest’acqua, rinomata per le sue proprietà terapeutiche, fin dal tempo dei Romani. Presso questa fonte nella Chiesa di S. Maria della Vittoria, si poteva ammirare, prima del vandalico furto e danneggiamento, un bellissimo portale realizzato con l’impiego di reperti romani. L’architrave, parte di una trabeazione, rappresenta la protome di Oceano dalla quale scaturiscono, dai due lati, onde marine con delfini, pesci, un tritone e due amorini a cavallo di animali marini.Il bassorilievo, per la sua rappresentazione ed i caratteri stilistici, è relativo ad un edificio attinente con l’acqua. Gli stipiti del portale, appartenenti, invece, a soffitti, presentano decorazioni composte da tralci di vite con foglie e grappoli di uva, vari uccelli, un tirso ed alcune chiocciole. Il furto di questi reperti ha privato Percile delle sue più significative testimonianze; all’interno della chiesa è rimasto murato nella parte di fondo, solo un frammento di trabeazione decorata da un kymation lesbico e da ovuli.
Dopo il periodo classico, caratterizzato da villae e pagi, si assiste nel territorio ad un insediamento sparso, gravitante intorno a chiese rurali. Le prime notizie su Percile sono riportate nella vita di S. Silvestre I, pontefice dal 314 al 335; Anastasio il Bibliotecario (antipapa nell’anno 855) nomina il “fundum Percilianum” in territorio Sabinensi. A partire dal secolo X i nobili locali favorirono la costruzione di centri fortificati sulle alture per il controllo della regione: Roccagiovine, Licenza, Civitella, Percile, Castel del Lago, Petra Demone, Spegna. Queste rocche delineavano il confine tra le diocesi di Sabina e di Tivoli. Con la sottomissione di quest’ultima, da parte di Ottone III, Farfa, quale Abbazia imperiale, venne a beneficiare di una larga zona di possedimenti tiburtini. Nel 1011 circa 1500 moggi di terreno coltivabile vennero donati da Ottone, conte di Sabina, figlio di Ottaviano con il consenso della moglie Doda, figlia di Rainaldo conte dei Marsi.
È proprio la donazione dell’anno 1011, scritta da Guido, abate di Farfa e riportata nel Regesto farfense n. 650, il più antico documento su Percile.

Nel 1110 il castello di Percile, con le sue pertinenze, venne donato dal nobilis vir Beraldo figlio del conte Crescenzio e dalla moglie Domenica all’Abbazia di Farfa, oggetto della sua spettanza da Azo di Guerrone nel 1033. Con la Bolla di Urbano IV, del 1262, il castello fu confermato all’Abbazia. Dopo quella data passò agli Orsini. Con atto datato 5 maggio 1275 Matteo Rosso fu Napoleone, Giangaetano, Orso e Giacomo figli di Matteo donano i loro beni in Percile a Giacomo, Napoleone, Fortebraccio e Francesco Orsini figli di Giacomo.
Bonifacio IX, con Bolla del 1400, accordò a Giacono Orsini, conte di Tagliacozzo, una riduzione della tasse del sale e del focatico sul feudo di Percile insieme ad altri castelli. In data 16 Luglio 1456 venne approvato dal cardinale Benedetto Giustino, per ordine di Clemente Vili, lo Statuto già predisposto sotto la giurisdizione degli Orsini ma entrato in vigore quando il feudo era stato venduto alla Famiglia Degli Atti di Todi. Il 5 febbraio 1608, Alessandro Degli Atti ed i figli Angelo e Antimo cedono il feudo ai Borghese. Essi governarono a Percile nel non facile periodo di transizione tra feudalesimo e libertà. In questi due secoli si instaurarono sordide lotte tra gli amministratori dei Borghese e la Comunità. Giudici di tali dispute furono alti ed autorevoli prelati dello Stato pontificio. Verso la metà del 1800 alcuni uomini di Percile parteciparono ai moti risorgimentali contro il malgoverno del Papa Re e ancora oggi la piazza principale del Paese è dedicata a Garibaldi in onore e in ricordo degli sfortunati reduci garibaldini che passarono a Percile dopo la sconfitta di Mentana. Solo con l’annessione al Regno d’Italia di tutto lo Stato pontificio, si realizzò il sogno della libertà. Percile dopo il 1870 potè finalmente darsi un libero e democratico governo. Erano gli albori del 1900 e i richiami di una vita più facile fecero iniziare l’epoca dell’emigrazione.
Tanti figli di Percile scelsero così mete lontane . La popolazione dai circa 1700 abitanti di inizio secolo scese paurosamente fino a dimezzarsi. Il resto lo compì la I Guerra Mondiale alla quale Percile immolerà 27 dei suoi migliori giovani ma questo fu nulla al confronto di quello che comportò per tutta la popolazione la II Guerra Mondiale. A quell’epoca infatti il Paese subì, oltre all’occupazione tedesca, anche un bombardamento e ancora oggi i più anziani ricordano la precipitosa fuga dal paese alla ricerca di una capanna o di una grotta per evitare le rappresaglie degli invasori. La fine del secondo dopoguerra vedrà Percile pronta a risollevarsi e a riprendere il suo cammino nella società e nella storia.